La risposta a tale domanda è sì. La rabbia è una delle malattie più antiche conosciute. Le prime descrizioni risalgono a circa 3000 anni A.C.
Louis Pasteur nel 1885 testò per la prima volta il vaccino contro la rabbia su Joseph Meister, un bambino che era stato morso da un cane affetto da rabbia. Il bambino fu la prima persona a essere vaccinata contro questa malattia, mortale ed incurabile.
Pasteur sviluppò il vaccino utilizzando tessuto nervoso di conigli infettati con il virus della rabbia. Questi tessuti venivano essiccati per diversi giorni al fine di ridurre la virulenza del virus. Pasteur era convinto, a ragione, che tale vaccino non fosse in grado di provocare la malattia ma di stimolare la produzione di anticorpi contro la rabbia.
Utilizzando il tessuto nervoso di animali infetti la probabilità di effetti avversi era piuttosto elevata per cui nel corso del tempo questo vaccino “artigianale” venne perfezionato, anche se il tessuto nervoso fu utilizzato fino agli anni 50 quando fu introdotta la coltura su cellule animali non nervose (es. le cellule del rene di scimmia) per poi giungere alle formulazioni attualmente in uso: un vaccino PVRV inattivato che contiene virus della rabbia inattivato del ceppo WISTAR coltivato su cellule di rene di scimmia e un vaccino PCECV che contiene il virus della rabbia inattivato del ceppo Flury LEP, prodotto su cellule di embrione di pollo purificate.
La rabbia è dovuta ad un virus appartenente alla famiglia dei rhabdovirus, del genere Lyssavirus. Colpisce sia gli animali domestici che gli animali selvatici, i mammiferi carnivori e l’uomo.
L’Italia è attualmente considerata rabies-free (libera da rabbia) dal 2013 dopo che alcune volpi infette provenienti da Slovenia e Croazia hanno diffuso la malattia in Friuli Venezia Giulia, Veneto e Trentino tra il 2008 e il 2011 (epidemia poi contenuta tramite vaccinazione orale di questi animali). Però non dobbiamo dimenticare che a livello mondiale si hanno ancora tra 50.000-60.000 morti di rabbia, prevalentemente nella penisola indiana, Sud-est asiatico, Africa e parte del Sud America.
L’infezione rabbica a carico dell’uomo avviene attraverso la saliva di animali infetti generalmente mediante il morso. L’infezione può anche essere trasmessa attraverso ferite, graffi o contatto con mucose. Gli animali maggiormente responsabili della diffusione di questa patologia sono: pipistrelli, volpi, scimmie, procioni, puzzole, canidi, felini.
Il periodo di incubazione ha una media di 1, 2 mesi, ma può variare dai 10 giorni fino a 1 anno. I sintomi della rabbia all’inizio sono aspecifici: febbre, mal di testa, vomito. In seguito compaiono dolori oppure sintomi neurologico come parestesie, formicolii, ansia, insonnia, depressione. Successivamente si vira verso la forma chiaramente neurologica cosiddetta furiosa con encefalite, ovvero una infiammazione a carico del cervello. In questa fase si assiste alla comparsa di agitazione, delirio, confusione, insonnia, allucinazioni, idrofobia, uno spasmo doloroso e allo stesso tempo violento da parte dei muscoli respiratori al contatto con l’acqua. A volte si può presentare nella forma paralitica, con paralisi del tronco e degli arti, coma e infine la morte per arresto cardiocircolatorio.
Una volta che si manifestano i sintomi purtroppo non c’è più nulla da fare. Non esiste una terapia per guarire dalla rabbia.
La diagnosi si effettua mediante il prelievo di un un campione di pelle (solitamente dal collo) per l’esame al microscopio (biopsia cutanea) allo scopo di determinare la presenza del virus. Vengono esaminati anche dei campioni di saliva e del liquido cerebrospinale per dimostrare la presenza del virus.
Non essendoci una terapia è chiaro che si gioca sulla prevenzione del contagio attraverso i nostri comportamenti e l’utilizzo, quando indicato, del vaccino antirabbico.
L’indicazione preventiva principale è quella di evitare il morso di un animale, in particolare dagli animali selvatici, specialmente viaggiando nei paesi a rischio. Quindi gli animali domestici non conosciuti e quelli selvatici non devono essere avvicinati. Non necessariamente un animale rabido morde solo se provocato. Le persone che potrebbero essere maggiormente al rischio di esposizione al virus della rabbia devono ricevere il vaccino antirabbico prima dell’esposizione: i veterinari, tecnici di laboratorio che gestiscono animali, persone che vivono o risiedono per più di 30 giorni in Paesi nei quali la rabbia nei cani è diffusa, persone che esplorano grotte abitate da pipistrelli.
Vengono iniettate due dosi di vaccino in un muscolo. La prima dose viene iniettata subito (chiamato giorno 0). La seconda iniezione viene somministrata il giorno 7.
Generalmente non si registrano effetti avversi gravi, ma solo dolorabilità nel sito di iniezione, cefalea, orticaria e ingrossamento dei linfonodi.
Vaccinazione post esposizione
Subito dopo essere stati morsi, si deve pulire molto bene la ferita con acqua e sapone. Le ferite profonde da puntura devono essere pulite con l’acqua corrente. Opportuno rivolgersi ad un medico che procederà ad una adeguata disinfezione della lesione.
Nessun esame può stabilire se il virus della rabbia sia stato trasmesso subito dopo un morso. Se l’animale è domestico e viene identificato va tenuto sotto controllo dai veterinari per almeno una decina di giorni. Se in tale lasso di tempo non manifesta alcun sintomo non è sicuramente rabido.
In caso contrario occorre procedere subito con la somministrazione di immunoglobuline e di vaccino antirabbico. Le immunoglobuline antirabbiche, costituite da anticorpi contro il virus, forniscono una protezione immediata, ma solo per un breve periodo di tempo. Il vaccino antirabbico al contrario stimola la produzione di anticorpi contro il virus da parte dell’organismo fornendo quindi una protezione duratura.
La necessità di vaccino e delle immunoglobuline dipende dal fatto che le persone siano state precedentemente immunizzate con vaccini antirabbici e dal tipo e dalle condizioni dell’animale. Per quanto concerne le tempistiche di somministrazione post esposizione è necessaria l’immediata somministrazione di immunoglobuline e vaccini antirabbici (il giorno 0). Le successive dosi di vaccino vengono somministrate ai giorni 3, 7 e 14. In una persona già in precedenza vaccinata, il rischio di sviluppare la rabbia è ridotto. Tuttavia è opportuno somministrare immediatamente una dose di vaccino antirabbico, seguita da una seconda dose il giorno 3.
Per coloro che viaggiano va tenuto presente che non tutte le mete hanno un sistema sanitario in grado di intervenire in modo pronto ed efficace, ragion per cui in caso di mete in cui non si conosca il rischio è opportuno far riferimento all’ambulatorio viaggiatori presente in ogni distretto della propria azienda sanitaria.
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